Presentazione Massaggio Ayurvedico
Secondo questa medicina, il corpo è attraversato da un “soffio vitale”, chiamato Prâna. Quando questo flusso energetico è perturbato da fattori come lo stress o da cattive abitudini di vita, l’organismo può soffrire di alcuni disturbi (mal di testa, transito, dolori, malessere diffuso…).
Agendo su determinati punti del corpo attraverso pressioni e altri movimenti, i massaggi sono finalizzati a ristabilire la circolazione di questo soffio vitale.
Ci sono una decina di tipi di massaggio, che cambiano in funzione del problema riscontrato. Il massaggio di base, il più praticato, è l’abhyanga.
Nonostante la sua antica origine, è una pratica tuttora praticata e riconosciuta dall’OMS.
Il massaggio ayurvedico avvolge il ricevente e lo trasporta, con delicatezza, in una realtà armonica aiutandolo a vivere pienamente il qui e ora. Appartenente all’antica tradizione dell’Ayurveda (la “scienza della vita”), anch’esso sposa la visione olistica dell’uomo, ovvero unità di corpo, mente e spirito.
Si pratica sulla pelle nuda o coperta da indumenti intimi. Il massaggiatore usa un olio caldo, per lo più l’olio di sesamo, da solo o associato ad altri tipi di olio.
La tecnica consiste nello stimolare, attraverso la pressione, lo sfioramento e la palpazione, i Marma (i punti energetici attraverso i quali si sposta il Prâna), con lo scopo di riequilibrare le funzioni organiche. Dai piedi alla punta dei capelli, tutte le zone vengono massaggiate, una alla volta, con movimenti che permettono la riarmonizzazione del corpo, tenendo conto dei diversi elementi che lo costituiscono: l’aria, l’acqua e il fuoco. Questi elementi sono organizzati secondo tre sistemi: il vata (sistema nervoso e ormonale), il pitta (sistema digestivo e enzimatico) e il kapha (fluidi). Si alternano movimenti tonificanti e rilassanti, per procurare contemporaneamente energia e relax.
Il massaggio ayurvedico è completo e ha l’obiettivo di rilassare, scacciare le tensioni nervose, riassorbire lo stress e facilitare il sonno. Ristabilendo la buona circolazione del sangue, permette anche di eliminare le tossine dovute a una cattiva alimentazione e all’inquinamento.
È energizzante e può prevenire molti disturbi.
L’olio di sesamo, ricco di acido linoleico, ferro, fosforo, magnesio, rame e calcio, è nutriente per la pelle e produce anche effetti benefici sulle cellule nervose. Si può utilizzare anche quello di girasole. L’olio è precedentemente riscaldato, aspetto che lo rende maggiormente avvolgente, delicato, morbido e rispettoso.
Il massaggio è orientato al cliente, in particolare al suo Dosha – Vata, Pitta, Kapha. Si tratta delle tre forze primarie, frutto della combinazione dei cinque elementi fondamentali (etere, aria, fuoco, acqua e terra), che determinano la costituzione individuale di una persona così come il suo equilibrio specifico in ogni momento della vita.
Il massaggio ayurvedico è un elemento di prevenzione e, secondo la tradizione, deve far parte di uno stile di vita che unisce un’alimentazione equilibrata a esercizi di yoga (asana), di respirazione (pranayama) e di meditazione.
Le manovre sono agite lentamente col sapiente utilizzo di oli essenziali.
Il massaggio ayurvedico:
– agevola l’eliminazione delle tossine e la purificazione del corpo, rafforzando al contempo il tono muscolare rilassando e dando una profonda sensazione di benessere e serenità;
– elimina gonfiori e infiammazioni presenti nel corpo;
– agisce sul sistema nervoso e rilassa il ricevente;
– defatica, libera lo stress fisico e psichico e ammorbidisce le fasce muscolari;
– favorisce la digestione;
– agisce sui livelli ormonali;
– rinforza la vista e rende luminosa la pelle;
– favorisce il sonno ed è un buon rimedio all’insonnia;
– allenta la tensione e i disturbi a essa collegati, come l’ansia, il nervosismo, l’emicrania…;
– acquieta la mente e migliora l’ascolto di se stessi.
Da non ricevere assolutamente prima del 3° mese di gravidanza.
Meglio evitarlo in presenza di infiammazioni o dolori acuti, se si soffre di ipertensione o di problemi di cuore, flebiti o disturbi circolatori gravi, o problematiche psichiatriche (assunzioni di droghe o psicofarmaci).
I chakra sono dei vortici di energia che hanno la funzione di assorbire l’energia universale per alimentare i vari livelli del campo energetico, collegarli con il corpo fisico, e rilasciare energia
all’esterno.
Chakra è una parola sanscrita, appartenente all’antichissima India, con diverse traduzioni che rimandano sempre al significato di una “forma circolare”: cerchio, ruota, vortice, o movimento
energetico che si allarga a spirale Bindhu, ossia punto da cui tutto parte e a cui tutto torna.
I chakra vengono anche chiamati Padma, cioè loto. Spesso infatti sono rappresentati come fiori di loto chiusi, semichiusi, o aperti, con differenti numeri di petali che aumentano mano a mano che
salgono verso l’alto. Quando il chakra è ben attivo, l’energia fluisce liberamente penetrando tutti gli strati dell’aura, quando invece il chakra è bloccato, l’energia trova un ostacolo e non penetra: in quel punto avremo uno squilibrio a livello fisico, o a livello mentale e spirituale, o addirittura anche ad entrambi.
Il loro buon funzionamento è assai importante, poiché essi influenzano sia la psiche sia il fisico; un flusso squilibrato di energia può causare disturbi o alterazioni dì carattere psicologico con
consequenziale insorgenza di diverse patologie a livello fisico.
I principali chakra sono 7 (dal primo in basso Muladhara, Svadhishthana, Manipura, Anahata, Vishuddha, Ajna e Sahasrara) e sono composti di un vortice anteriore e uno posteriore fatta però
eccezione per il primo ed il settimo chakra, che invece sono singoli.
I Chakra sono sensibili agli aromi e vi sono alcuni che funzionano meglio di altri nell’armonizzazione di questi flessi energetici.
Di seguito, qualche semplice corrispondenza che può risultare interessante per il lavoro di un operatore olistico.
Il 1° chakra Muladhara viene ben sollecitato da Sandalo, Muschio e Patchouli.
Il 2° chakra Svadhishthana si armonizza facilmente col Sandalo e l’Ylang Ylang.
Il 3° chakra Manipura si sposa bene con Rosmarino, Lavanda e Bergamotto.
Il 4° chakra Anahata si relaziona perfettamente con la Rosa.
Il 5° chakra Vishuddha è ben sollecitato dall’Eucalipto e dalla Salvia.
Il 6° chakra Ajna si armonizza con semplicità con Gelsomino e Menta.
Il 7° chakra Sahasrara si sposa con Loto e Incenso.
I chakra possono essere armonizzati anche attraverso l’uso dei cristalli.
Si riportano di seguito rapide e intuitive corrispondenze tra flessi bioenergetici e pietre.
Al 1° chakra Muladhara si associano il Diaspro Rosso, il Rubino, il Corallo Rosso, il Granato, l’Ematite, l’Onice Nero e la Tormalina Nera.
Al 2° chakra Svadhishthana si collegano la Corniola, l’Ambra e la Tormalina Rossa.
Il 3° chakra Manipura viene armonizzato dal Quarzo Citrino, dall’Occhio di Tigre e dalla Pirite Ferrosa.
Il 4° chakra Anahata si relaziona perfettamente col Quarzo Rosa, con l’Avventurina, con lo Smeraldo, con la Malachite, con la Giada e con l’Agata Verde.
Il 5° chakra Vishuddha è ben sollecitato dal Turchese, dal Lapislazzuli, dall’Acqua Marina, dalla Sodalite, dal Calcedonio e dallo Zaffiro.
Al 6° chakra Ajna si associano l’Ametista, la Fluorite, la Perla e l’Apatite Purpurea.
Al 7° chakra Sahasrara si collegano il Cristallo di Rocca, il Diamante e la Celestina
I Guna sono le tre energie materiali che influenzano la vita di tutti gli esseri viventi: Tamas (l’ignoranza), Rajas (la passione); e Sattva (la virtù). La miscela praticamente infinita di queste tre componenti ultimi della materia (prakṛti) determina i diversi corpi psicofisici presenti in tutti gli Universi.
Virtù, passione e ignoranza guidano e controllano le diverse azioni e le fasi della giornata, catalogano i cibi, ordinano culture, politiche ed anche tradizioni religiose. Bramha (il costruttore) è il responsabile di Rajas, Visnu (mantenitore/proprietario) di Sattva e Shiva (distrittore) di Tamas.
Tutta la Natura, intesa come creazione, è composta da queste tre qualità primarie, universali.
Il termine guna significa letteralmente è “ciò che lega”. Precisamente Guṇa è un sostantivo maschile sanscrito significante: merito, qualità, virtù, o anche corda, attributo, suddivisione.
Si tratta di “energie” decisamente più “sottili” dei cinque elementi, che sono prodotti dall’attività degli stessi guna. Vivono nel grembo di Prakriti, la Madre Divina o Grande Madre, e tramite essi la Madre esprime tutta la diversità che caratterizza la sua creazione.
Tutte le cose nel mondo sono il frutto delle diverse combinazioni dei tre guna, alcune più Sattviche, altre più Rajasiche e altre ancora più Tamasiche.
I guna sono i fattori causali di tutta la creazione.
La scienza dei tre guna, così come quella dei cinque elementi, è uno dei pilastri dell’Ayurveda e delle scienze vediche.
Sattva rappresenta la stabilità, armonia o virtù. Le sue qualità sono la leggerezza e la luminosità. Ha un movimento diretto dal basso verso l’alto. Porta al risveglio e all’evoluzione dell’anima. Sattva dona gioia, felicità. È il principio dell’intelligenza. Da Sattva proviene la chiarezza (in termini di coscienza) e la pace che ci permettono di percepire la verità.
La mente stessa è definita Sattva (chiarezza), perché è per sua natura in grado di percepire. Di base, la mente è quindi chiara e pura, ma le emozioni e i pensieri negativi la rendono torbida. Sattva è la natura divina. Quando pura, o resa tale, procura illuminazione e realizzazione della persona. Una mente Sattvica è spiritualmente predisposta.
Rajas rappresenta la distrazione, la turbolenza, il dinamismo o l’attività. È mobile, motivato e finalizzato. Ha un movimento verso l’esterno e genera azioni egoistiche che possono portare alla disintegrazione. Rajas genera illusione, dolore e sofferenza. È il principio dell’energia. Da Rajas proviene il potere dell’immaginazione che genera il mondo esterno a noi e che poi ci limita entro i suoi confini.
È la distrazione o la turbolenza cui è soggetta la mente che cerca nel mondo esterno piacere e realizzazione. La mente si agita, desidera. Se non viene soddisfatta, allora diventa irritata e collerica. Rajasici sono i pensieri e le immagini che disturbano l’equilibrio della mente, come, ad esempio, l’ostinazione, la manipolazione e l’egoismo. È una mente che cerca potere, eccitazione e intrattenimento. La mente dell’uomo moderno è tremendamente Rajasica: distratta da mille attività, iperstimolata e iperattiva.
Tamas rappresenta la torpidità, l’oscurità e l’inerzia. È pesante e ostruisce. Il suo movimento è verso il basso. Causa decadimento, degenerazione e morte. Genera delusione. È il principio della materialità. Da Tamas proviene l’ignoranza che vela la nostra vera natura spirituale.
La mente è torpida e incapace di percepire. È oscurata dall’ignoranza e dalla paura. Tamas genera indolenza, sonnolenza e mancanza di attenzione. C’è una mancanza di attività mentale, insensibilità e incapacità di dominare la mente che rimane preda di forze esterne o inconsce. Tamas genera una natura servile, animalesca.
Rajas e Tamas sono fattori che causano le malattie. L’effetto di Sattva è invece portatore di armonia. Rajas crea spreco di energia e Tamas porta al decadimento. Di solito, i due lavorano insieme. Una vita frenetica, l’ambizione smodata, la prevaricazione, la corsa per il successo a tutti i costi, il surmenage lavorativo, l’egocentrismo, il consumo di alimenti e sostanze stimolanti per sostenere questo modo di vivere sono tutte qualità Rajasiche. Alla fine portano all’esaurimento delle energie, alla chiusura in se stessi, all’attaccamento eccessivo, all’eccessivo senso del possesso che sono qualità Tamasiche.
In noi ci sono tutte e tre queste qualità, in gradi diversi. Come per la costituzione fisica, ci sono sette possibilità (Sattva puro, Rajas puro, Tamas puro, Sattva-Rajas, Sattva-Tamas, Rajas-Tamas, Sattva-Rajas-Tamas). L’analisi del nostro stato, attraverso una valutazione personale, una visita medica ayurvedica, lo studio o la lettura di libri sull’argomento, possono mostrarci le disarmonie e gli eccessi della nostra natura mentale di base (Manas Prakruti) e dello stato attuale (Manas Vikruti).
Secondo l’Ayurveda, uno stile di vita armonico (verso se stessi e gli altri), la preghiera, la meditazione, la recitazione dei mantra e l’onorare le divinità portano ad una mente Sattvica e riducono gli effetti negativi, sulla mente e sul corpo, degli altri due guna.
Per poter massaggiare tutto il corpo e ricorrere agli oli essenziali, questi ultimi vanno diluiti in un olio vegetale, detto Olio vettore, la cui scelta cambia in base al Dosha (Costituzione psico-fisico-energetico) del cliente che sono Vata, Pitta e Kapha.
Per il tipo Vata (Aria ed Etere) il cui principio è il Movimento, serve un olio più pesante e caldo perché il soggetto è freddo. Quindi sono ottimi l'olio di avocado, olio di sesamo, olio di ricino
Per il tipo Pita (Fuoco e Acqua) il cui principio è la Trasformazione, serve un olio rinfrescante, non pesante perché è un soggetto tendenzialmente caldo e che suda molto. Per questo vanno benissimo l'olio di cocco (ottimo in estate), l'olio di girasole e l'olio di olive.
Per il tipo Kapha (Terra e Acqua) il cui principio è la Coesione, essendo un soggetto "unto", serve un olio leggero e tonificante. Quindi sono perfetti l'olio di girasole, l'olio di mandorle, l'olio di semi di senape, l'olio di semi d'uva.
Puoi scegliere di preparare la tua miscela in base al dosha di base (prakruti) del cliente o in base al dosha che è in disequilibrio (vikruti).
Si ricorda che esistono sei tipi di persone in base a queste energie fondamentali dette Dosha: Vata, Pitta, Kapha, Vata-Pitta, Vata-Kapha, Pitta-Kapha e Vatta-Pitta-Kapha.
Bisogna evidenziare che il Tailam (ciò che unge, quindi l'olio), al pari dei Podi (polveri e creme), è parte integrante dell'arte del massaggio ayurvedico. Si usa caldo o tiepido, e per tradizione bisognerebbe essere riscaldato a bagnomaria.
Gli Oli in generale servono a:
- correggere gli squilibri dell'energia delle persone;
- stabilizzare i Dosha;
- migliorare la stato dei tessuti dei clienti;
- conferire energia alla persona o nutrirla in senso di rilassamento;
- portare il cliente a un totale stato di benessere.
Quando Sattva incomincia ad interagire con Rajas e con Tamas, l’energia cinetica di Rajas emette al di fuori l’essenza energetica e vitale che pervade ogni forma di vita biologica, il prana (energia vitale).
Da Prana si origina il primo Dosha bioenergetico, ossia Vata.
Da Vata si originano gli altri due Dosha, ossia Pitta e Kapha.
Tale livello della realtà, essendo sia di qualità spirituale, sia più grossolanamente materiale, viene metafisicamente definito suksma, cioè livello “sottile”. La letteratura più antica lo definisce sfera “astrale”.
Letteralmente in sanscrito Dosha significa danno, errore, oscurità, il che allude alla loro capacità di alterare, agitare e disgregare la condizione corrente.
Il concetto di Dosha comprende due fattori importanti: da una parte il suo essere una sostanza bioenergetica; dall’altra il suo funzionamento come forza, processo o principio fisiologico e regolatore.
La natura del Dosha è quello di una forza situata al confine tra materia ed energia.
Poiché i dosha sono costituiti di materia, sono composti in parte dalla somma dei cosiddetti cinque elementi grossolani (panchamahabhutani), ovvero etere, aria, fuoco, acqua e terra, che rappresentano i costituenti elementari di tutta la materia.
All’interno del corpo umano i Dosha esercitano i loro effetti in modo più funzionale.
Essi sono i principi fondamentali che organizzano, regolano e mantengono le omeostasi organiche e fisiologiche.
Sono in effetti gli intermediari tra il mondo esterno (gli alimenti, la dieta, le stagioni, la routine quotidiana, lo stile di vita) e i tessuti, l’insieme degli organi e le funzioni dell’organismo.
Sono regolatori omeostatici che agiscono come barriere che proteggono l’integrità e la salute del corpo, sia mentale sia fisica.
Il concetto di Dosha rappresenta un punto nodale del pensiero ayurvedico.
La diagnosi clinica ayurvedica si basa infatti sulla valutazione della condizione dei Dosha e della loro azione reciproca all’interno dell’organismo.
Salute e malattia si riflettono proprio nella condizione dei Dosha.
La terapia è basata sui tentativi di equilibrare l’alterazione e lo squilibrio delle loro funzioni.
Vata è il principio della propulsione, Pitta della trasformazione, Kapha del consolidamento.
Il Dosha Vata
Vata costituisce l’umore biologico dell’aria. Il suo elemento è il Movimento.
Letteralmente Vata significa, difatti, vento e suggerisce il “movimento”. Significa anche ciò che si muove.
La sua funzione principale è la propulsione.
Da Vata dipendono infatti tutti i movimenti all’interno dell’organismo, dal livello cellulare a quello tissutale e muscolo-scheletrico.
Dipendono inoltre la coordinazione e acuità dei sensi, l’equilibrio dei tessuti e la respirazione, inoltre Vata controlla il sistema nervoso centrale e periferico.
Vata si può considerare il dosha che conduce dato che espleta la funzione fondamentale della propulsione sia di se stesso che di Pitta e Kapha, che muove e stimola.
Poiché ha un ruolo fondamentale viene definito “dosha sovrano”, dato che è il dosha che serve gli altri due, funzionando come veicolo e mezzo delle loro funzioni.
Trasporta i dosha a se stesso verso le zone periferiche del corpo.
Come Pitta e Kapha, anche Vata risiede nei maha-guna di natura sattvica ma diversamente da loro, ha in sè una qualità più significativamente rajasica (movimento) che sta alla base della sua attività cinetica.
Possiede le caratteristiche proprie sia di una sostanza bioenergetica sia di un principio regolatore.
È il Dosha che ha proprietà prossime all’immaterialità, vale a dire funziona come un’entità energetica senza forma.
Sebbene sia privo di forma, il suo aspetto può essere messo in correlazione con quello degli impulsi energetici che viaggiano all’interno del sistema nervoso centrale, o con il movimento che accompagna la respirazione.
Dal punto di vista anatomico la sede di Vata è il colon.
Tale specificità si riferisce al fatto che la principale regione in cui Vata si viene ad accumulare, soprattutto in caso di malattia, è il colon.
L’influenza di Vata si concentra anche in altre parti dell’organismo come le gambe, le cosce, le orecchie, la trachea, le ossa, il cervello e la pelle.
Vata ha le seguenti qualità: freddo, secchezza, leggerezza, sottigliezza, mobilità, nitidezza, durezza, ruvidità e fluidità.
È composto da elementi fluttuanti: etere (akasha) e aria (vaju).
Il Dosha Pitta
Costituisce l’umore biologico del fuoco. Il principio è la Trasformazione. Pitta significa ciò che produce calore.
È associato al processo digestivo, al riscaldamento e alla trasformazione dal livello cellulare, tessutale e organico a quello della sfera emotiva, mentale e psicologica.
Il concetto ayurvedico di “agni” (fuoco digestivo) è strettamente collegato all’attività di Pitta.
Regola i processi di ricambio e di trasformazione.
La sua sede principale è l’intestino tenue, il sito anatomico dove si concentra quando si altera o si accumula in eccesso.
Si trova inoltre nel fegato, nella milza, nello stomaco, nella cute, negli occhi, nel cuore e in alcune parti del cervello.
Caratteristici di Pitta sono il Caldo e la Fluidità, e i problemi si presentano quando queste qualità hanno grandi manifestazioni. Un esempio potrebbe essere la rabbia, intesa come emozione eccessiva o in eccesso.
Pitta è presente nel sudore, nelle secrezioni sebacee, nel sangue e in minima parte nella linfa.
La temperatura corporea e il calore, essenziali per vivere, scaturiscono da Pitta.
Le qualità sono: caldo, leggerezza, sottigliezza, mobilità, nitidezza, morbidezza, levigatezza, chiarezza e fluidità.
È composto dagli elementi fuoco (tejas) e acqua (jala) e ha una natura fortemente sattvica e significativamente rajasica.
Il Dosha Kapha
Rappresenta l’umore biologico dell’acqua.
La sua principale funzione è la coesione, ossia la capacità di mantenere unito.
Il termine Kapha significa “acqua rigogliosa” ed è proprio di fluidi corporei come il plasma, il muco, il fluido cerebro-spinale e quello sinoviale, indica la qualità del congiungimento. Per la sua funzione, significa pure ciò che unisce.
Dei tre dosha è quello più materiale, denso e grossolano.
Kapha genera la forma fisica, la rende solida e uniforme, la protegge contro il caldo eccessivo e il deterioramento fisico.
Esso provvede a mantenere la stabilità dei tessuti corporei, proteggendoli grazie alla propria tendenza verso la compattezza, il contenimento e la materialità.
Le qualità di Kapha sono freddo, umidità, pesantezza, grossolanità, stabilità, opacità, morbidezza, levigatezza, opacità e densità.
È composto dagli elementi acqua (jala) e terra (prthvi) ed ha una natura fortemente sattvica e significativamente tamasica (inerzia).
Combinando i tre Dosha, in base alla loro presenza nell’individuo, si identificano sette tipi di cui tre puri:
- Vata;
- Pitta;
- Kapha;
- Vata-Pitta;
- Vata Kapha;
- Pitta-Kapha;
- Vata-Pitta-Kapha.
Tipo Vata Puro
Il tipo Vata (costituito da Etere e Aria) è tendenzialmente magro, alto, con le spalle strette. Strutturalmente è caratterizzato da eccessi (mani o piedi troppo grande o troppo piccoli), da occhi piccoli troppi vicini e troppo lontani, ha le ossa che scricchiolano, le gambe arcuate e anche la scoliosi. Le pelle è secca e ruvida.
È agile e veloce, ha un buon appetito, ma non ingrassa. Mangia velocemente e ha difficoltà a digerire. Normalmente consuma bevande calde. È sempre in movimento e ama molto viaggiare.
Soffre di ansia, di insonnia e di stipsi.
È una persona predisposta ad attività artistiche, creative. Ha una mente vivace e parlano molto. È imprevedibile, dal carattere instabile.
Tipo Pitta Puro
Il tipo Pitta (costituito da Fuoco e Acqua) è tendente al caldo: suda facilmente. È una persona passionale che può arrivare ad essere aggressivo e spaccone.
Il fisico è tendenzialmente medio: né troppo alto, né troppo basso, né troppo grasso né troppo magro, nel complesso infatti è ben proporzionato e ha una struttura regolare.
Prova fastidio alla luce, al calore: non si abbronza facilmente e normalmente si brucia. I capelli sono dritti e sottili ed ha la tendenza a perderli facilmente o a diventare grigi. Ha le unghie deboli e il suo naso tende a diventare rosso in punta. Ha una buona digestione ed è una buona forchetta, ma non prende peso subito anche se mangia in fretta. Preferisce le bibite fredde. Fa tanta pipì ed evacua spesso, dorme poco e al risveglio si trova sudato e accaldato. È più razionale del Vata (che è più creativo e con la testa per aria), ma è carismatico. Ama parlare e lo fa bene, ed è un grande sostenitore delle proprie idee.
Tipo Kaha Puro
Il tipo Kapha (costituito da Acqua e Terra 🡪 fango) è il classico con piedi a terra, anzi quasi impiantato al suolo. La sua corporatura è massiccia, ha un grande torace e dei fianchi larghi. Ha gli occhi grandi. La sua pelle è spessa e grassa.
Trasmetta rilassatezza e ha una voce dolce, tendenzialmente chiara.
Mangia lentamente e tende comunque a ingrassare con facilità.
Kapha è dotato di grande energia e ha un forte sistema immunitario. Dorme tanto e la mattina fatica a carburare. È calmo, empatico, tollerante e affidabile. È un veramente un valido amico.
Ha una buona memoria ed è abitudinario e metodico. È dedito a professioni che richiedono prestanza fisica.
L’Induismo è un mix di filosofia, esoterismo, occultismo tantrico, morale, religione. La Legge, la Verità e l’Etica sono racchiuse nei Veda, i testi sacri induisti.
Nonostante si contino circa 33 milioni di divinità, l’Induismo non è politeista. Il problema è che non è neppure monoteista e neppure enotista, in cui prevarrebbe un dio sugli altri. L’etichetta che le si addice di più è quella di religione monista, ricordando che nel monismo tutto deriva da un unico principio che manifesta un'unica natura: difatti, l'origine e la natura di ogni cosa coincidono con questo principio il cui aspetto unitario si riverbera nell'unitarietà indivisibile della materia e dello spirito, in una sorta di panteismo.
Nell’Induismo è Dio che dà vita a tutto, un Dio unico che si manifesta in diverse forme. Basti pensare alla Trumurti che ne è il fondamento e che prevede Brahma, l’architetto e il grande costruttore dell’Universo, Vishnu che ha il compito di conservarlo e Shiva quello di distruggerlo per poi dar avvio alla ricreazione.
La Trimurti è definita Ishvara, la Mente Cosmica che controlla il mantenimento e l’evoluzione del tutto. Ma è il Brahman, l’Unità Cosmica, il vero Principio Universale Impersonale, di cui Ishvara è la Coscienza Assoluta.
Un altro aspetto importante dell’Induismo è che Dio si incarna in Avatāra (traducibile in “discesa”), ovvero divinità che discendono dal Cielo per ripristinare l’equilibrio nel piano.
Così ogni volta che l'ordine (dharma) viene a mancare e il disordine avanza, mi manifesto, per proteggere il bene e distruggere l'ignoranza e il male (adharma), per ristabilire l'ordine, di era in era, io nasco (Bhagavad-gita IV. 7-8).
Inoltre si adora la Dea Madre: il concetto di Gaia è molto sentito nell’Induismo, in cui inoltre si presta molta attenzione alla ritualità, quindi all’arati, ai protocolli: tutto è scandito attraverso regole, orari e istruzioni se non si seguono le quali si commettono le “offese”. Un aspetto distintivo, in tal senso, è la presenza delle Murti, ovvero l'immagine sacra della Divinità - statua o ritratto che sia. Essa diviene l’ipostasi stessa del Divino: ad essa, grazie a una serie molto complessa di ritualità e con la recita di specifici mantra, viene animata. Così consacrata si converte in un vero e proprio canale di energia spirituale.
Tanta importanza è data all’atto del mangiare: la cultura induista prevede la scelta vegetariana, nel rispetto di tutti gli esseri viventi, e il cibo è visto come prasada, un mezzo per diffondere la Misericordia divina e un modo avanzare spiritualmente.
Nell’Induismo è assente il concetto del Diavolo. Tale religione non riconosce alcuna forza o entità malvagia principale in opposizione a Dio, anche se prevede l’esistenza di esseri ed entità differenti, tra cui gli Asura, capaci di compiere, sotto il dominio temporaneo di tamas, il guna dell’ignoranza, atti malvagi e danneggiare gli uomini.
Si crede nel Karma, la Legge di Causa ed Effetto che regola l’esistenza; nel Dharma, inteso come dovere e virtù, ma anche come via di realizzazione dell’ordine; e nella metempsicosi ovvero nella reincarnazione. L’anima non muore col corpo, ma prosegue il suo viaggio occupando un nuovo veicolo per fare esperienza, espiare le proprie colpe, compensare i propri debiti, liberarsi e ritornare a Dio.
Si ritiene anche che il mondo e la mente siano illusione, siano Maya, e che solo l’anima sia divina.
La visione induista prevede la presenza di un Guru, un Maestro, capace di aiutare il discepolo a evolvere e a liberarsi dal Saṃsāra, il ciclo di nascite e morti, attraverso istruzioni e la dīkṣā (“iniziazione”) che solo un Guru può impartire.
Si parla in tal senso di equilibrio tra la condotta giusta e i piaceri, attraverso il percorso spirituale che libera il discepolo dalla confusione generata dai sensi.
Si accetta il sistema delle caste, come effetto del karma che determina in che gruppo l’anima si incarnerà nuovamente.
Ve ne sono quattro:
- i Bramini (sacerdoti e intellettuali);
- i Kshastria (nobili e guerrieri);
- i Vaisia (contadini, mercanti e artigiani);
- i Shudra (i servitori e coloro che usano la forza e sono al servizio delle classi superiori).
Al di fuori di tali classi sociali, vi sono i Dalit (gli intoccabili) a cui spetta il lavoro a contatto con la morte e con tutto ciò che è impuro.
Nonostante sia stato abolito tale sistema nel 1950, ancora le caste determinano il ruolo sociale.
In fine, per l’Induismo non è contemplata la conversione: indù si nasce e quindi nessuno lo può diventare.